Pulizia di impianti e protesi supportate da impianto

Gli impianti dentali sono la migliore soluzione quando esiste un edentulismo parziale o totale, in quanto sono il modo più efficace per simulare denti naturali e le percentuali di successo a lungo termine sono superiori al 70%. Nonostante ciò, è importante sapere che una delle complicazioni degli impianti è la malattia perimplantare, un processo infiammatorio dei tessuti che circondano gli impianti osteointegrati, causato dalla presenza di un biofilm in individui predisposti. A seconda della gravità, tali malattie perimplantari possono essere classificate in tre tipologie: mucosite (i tessuti molli intorno all’impianto si infiammano), perimplantite (distruzione ossea) e fallimento perimplantare (insuccesso dell’impianto).

Uno dei fattori chiave per evitare tale eventualità è la buona pulizia delle protesi che vanno sugli impianti, al fine di evitare l’accumulo di biofilm intorno agli stessi.

Esistono vari tipi di protesi sugli impianti:

  • Protesi unitaria fissa su impianto: sostituisce un solo dente simulando l’impianto, la radice artificiale, la corona protesica e la corona del dente.
  • Ponte fisso su impianti: consiste normalmente in tre pezzi agganciati a due impianti con una delle corone a ponte tra i due impianti.
  • Arcata completa fissa su impianti: sono vari ponti su impianti che alla fine sostituiscono tutti i denti di un’arcata.
  • Sovradentatura: È una protesi rimovibile supportata o ritenuta da impianto (secondo il numero degli impianti del paziente). Minore è il numero degli impianti, maggiore sarà quella supportata da mucosa e viceversa. Il paziente deve toglierla per pulirla.
  • Protesi ibrida: Protesi fissa su impianti, con sostituzione di denti e gengiva.

È importante che il paziente sappia come curare gli impianti, dal momento in cui vengono posizionati in poi, negli anni.

  • Metodi di pulizia post chirurgici

Le prime 24 ore dopo la chirurgia è fondamentale non fare sciacqui o sputare per mantenere il coagulo e fare in modo che cicatrizzi correttamente. Una volta trascorse le prime 24 ore:

  • Mantenere la zona di sutura estremamente pulita, usando uno spazzolino chirurgico (VITIS surgical) e nei primi 5 giorni applicare sulla zona della ferita cloredixina in gel (Perio·Aid Intensive Care Gel).
  • Per almeno 7 giorni, fare risciacqui con un collutorio che abbia la stessa formulazione di clorexidina + CPC (Perio·Aid Intensive Care).
  • Cura durante l’osteointegrazione: con spazzolino delicato (VITIS soft access) e una pasta o un collutorio specifico per mantenere la gengiva nello stato corretto (gamma VITIS gingival)
  • Cura dopo il posizionamento degli impianti:
    • Protesi unitaria fissa su impianto, ponte fisso e arcata completa su impianti come se fosse un dente normale, è importante mantenere un corretto spazzolamento e l’uso di forcelle con filo interdentale e scovolini interprossimali. È molto importante che la gengiva mantenga un aspetto sano, sia priva di infiammazione, arrossamento o sanguinamento. Si consiglia, quindi, l’uso di prodotti specifici per mantenere la gengiva sana (VITIS gingival).
    • Sovradentatura: è importante mantenere estremamente puliti sia la parte della dentatura che la zona dove si trova la ritenzione (barra, ancoraggi…) La dentatura deve essere pulita con uno spazzolino specifico per questo tipo di protesi con acqua e sapone a pH neutro e si consiglia, una volta alla settimana, l’uso di compresse per la pulizia della protesi (Versare la compressa effervescente in acqua tiepida e immergere la protesi per 30 minuti. Successivamente, pulire con acqua e sapone). La zona di palato e gengiva coperta dalla protesi deve essere trattata con uno spazzolino delicato e un collutorio che contenga clorexidina (Perio·Aid Active Control); affinché il margine perimplantare si mantenga pulito è obbligatorio l’uso di uno spazzolino con testina sottile e lineare, per eliminare facilmente il biofilm dentale (spazzolino VITIS implant sulcular).
    • Protesi ibrida: in questi caso è ideale che il paziente usi un idropulsore orale e che effettui sciacqui quotidiani con prodotti contenenti clorexidina (come Perio•Aid Active Control), così come uno spazzolamento completo della zona tra il margine della protesi e la gengiva con spazzolini delicati o medi (spazzolino VITIS implant brush). Nelle zone di difficile accesso si raccomanda l’uso di uno spazzolino con testina piccola (spazzolino VITIS implant angular) o con testina sottile e lineare per le zone palatali (come lo spazzolino VITIS implant sulcular). Questo tipo di protesi richiedono anche un’igiene professionale effettuata da un dentista ogni 6 mesi.

Fattori di rischio degli impianti

Gli impianti dentali costituiscono la soluzione terapeutica più plausibile per ripristinare totalmente, o in parte, i denti persi permettendo inoltre di mantenere la struttura ossea alveolare. Presentano percentuali di durata molto elevate (intorno al 95%); tuttavia, determinati fattori di rischio possono predisporre a presentare minori percentuali di successo.

Il fallimento implantare viene definito come quell’insieme di segni e sintomi che conducono alla rimozione dell’impianto. Il fallimento equivale alla perdita dell’impianto. La percentuale di fallimenti riportata in implantologia orale si aggira intorno allo 0,7 – 3,8%. I fallimenti sono classificati come precoci o tardivi, a seconda se si verificano prima o dopo il posizionamento del restauro protesico. Questa differenziazione è importante in quanto, a seconda di quando avviene il fallimento, si associano diversi fattori di rischio.

Il fallimento precoce si verifica a seguito di una mancata osteointegrazione, rappresenta circa il 5% totale dei fallimenti e interessa maggiormente donne e pazienti giovani; deriva da fattori locali, tabagismo (il fumo interferisce con l’osteointegrazione e accelera il riassorbimento osseo intorno agli impianti), rischi derivanti da trauma chirurgico e contaminazione batterica durante l’inserimento, malattie sistemiche che compromettono l’immunità dell’ospite, come ad esempio le leucemie e l’AIDS, trattamento con radioterapia, alterazioni endocrine e metaboliche come diabete e gravidanza e interessano, in particolar modo, quei pazienti affetti da osteoporosi la cui qualità ossea risulta compromessa.

I fallimenti tardivi, invece, sono dovuti a fattori batterici, abitudini parafunzionali, fattori meccanici relativi alle protesi che sostengono gli impianti o anche ad una cattiva distribuzione delle forze che generano sovraccarico e interessano il 95% degli impianti che raggiungono l’osteointegrazione.

Una volta inserito l’impianto, se questo non si mantiene stabile, si possono produrre micromovimenti dovuti a una mancata osteointegrazione o a una cicatrizzazione del tessuto fibroso. Questa situazione è più frequente in caso di ossa deboli. Inoltre, anche l’ambiente della cavità orale e la capacità personale dell’individuo di mantenere un equilibrio con lo stesso, possono determinare fallimenti tardivi.

Pertanto, considerando quanto precedentemente esposto, prima di posizionare impianti in un paziente, è indispensabile approfondire la sua storia clinica, con particolare attenzione a: malattia parodontale, fumo, osteoporosi, errata igiene orale, malattie sistemiche, radioterapia e/o età molto avanzata.

Come rendere l’apprecchio ortodontico un’esperienza positiva per i tuo pazienti

In molti casi l’apparecchio ortodontico è un trattamento necessario per correggere la malposizione dentaria.
Alla fine del trattamento il paziente avrà una dentatura ben allineata che permetterà una corretta masticazione e renderà la pulizia dei denti più facile, riducendo il rischio di malattie orali associate a un’igiene inadeguata. Tuttavia, il cammino per ottenere un sorriso perfetto può avere alcune conseguenze.

Le patologie più frequentemente associate all’apparecchio ortodontico

Gengivite. L’apparecchio ortodontico fisso favorisce l’accumulo del biofilm orale a causa della difficoltà del paziente a rimuovere la placca che si deposita intorno ai bracket e agli altri elementi del dispositivo, aumentando le possibilità di soffrire di gengivite.
Alitosi. La difficoltà a effettuare una corretta igiene orale degli spazi interprossimali nei pazienti portatori di apparecchio ortodontico può causare l’alitosi, in conseguenza dell’accumulo dei residui di cibo e del biofilm, generando un certo malessere anche in ambito sociale.
Carie. L’apparecchio ortodontico tende a far accumulare i residui di cibo tra i denti, a cui si aggiunge un maggiore accumulo di biofilm orale con la conseguente formazione della carie.
Ulcere. Lo sfregamento dell’apparecchio ortodontico con il tessuto molle determina la formazione di ulcere. Si tratta di lesioni orali molto fastidiose che possono ostacolare o limitare la masticazione e, in alcuni casi, il linguaggio.

Prodotti specifici per l’igiene orale pensati e appositamente creati per i pazienti portatori di apparecchio ortodontico

Spazzolino VITIS® orthodontic
Rimuove completamente la placca batterica grazie al profilo delle setole a forma di V che permettono di pulire, allo stesso tempo, apparecchio, denti, gengive e spazi interprossimali. Le setole sono in Tynex® di alta qualità, con le punte arrotondate e morbide per proteggere denti e gengive.

Cera protettiva VITIS® per apparecchio ortodontico
Assicura una protezione dallo sfregamento dell’apparecchio ortodontico.

Dentifricio e collutorio VITIS® orthodontic
Sono elaborati con ingredienti attivi che aiutano a prevenire gli eventuali disagi e complicanze che possono verificarsi con l’apparecchio ortodontico. Riducono l’accumulo del biofilm orale, mantengono le gengive sane, remineralizzano lo smalto e proteggono la mucosa orale. La consistenza fluida del dentifricio VITIS® orthodontic favorisce l’accesso tra gli spazi dell’apparecchio.
Ingredienti:
• Cloruro de cetilpiridinio (CPC)
• Fluoruro di sodio
• Allantoina
• Aloe vera

Malattia gengivali e paradontali nei bambini

La malattia parodontale ha un’incidenza elevata e può insorgere durante l’infanzia o l’adolescenza, il momento in cui il parodonto subisce un cambiamento costante a causa dell’esfoliazione e dell’eruzione dei denti. Tra le malattie gengivali in bambini e adolescenti, quella più frequente è la gengivite dovuta all’accumulo della placca batterica.

Condizioni parodontali normali nella dentizione temporanea e permanente
È importante identificare qualsiasi cambiamento del parodonto, per questo è necessario riconoscere i parametri normali nella popolazione pediatrica. Nel bordo marginale del dente deciduo, la gengiva appare gonfia, arrotondata e di colore rosso. L’epitelio giunzionale è più spesso, meno permeabile e più resistente all’infiammazione. L’osso alveolare presenta poche trabecole e grandi spazi midollari con abbondante vascolarizzazione. La gengiva marginale dei denti permanenti, invece, è sottile, lisca, lucida e di colore rosa.

Malattie gengivale e paradontali nei bambini
Di seguito, riportiamo le malattie gengivali e parodontali più frequenti nei bambini, secondo la classificazione del Workshop Internazionale dell’Accademia Americana di Parodontologia del 1999.
Le malattie gengivali colpiscono soltanto la gengiva, senza alterare i tessuti di supporto. Possiamo classificarle in:

a. Causate dalla placca batterica
L’accumulo della placca è frequente nei bambini a causa di una tecnica di spazzolamento ancora inadeguata e di fattori locali come l’apparecchio ortodontico fisso. La corretta esecuzione delle tecniche di igiene orale e interprossimale limita l’insorgenza della malattia.

b. Modificate da fattori sistemici
Durante la fase prepuberale e puberale si producono cambiamenti ormonali che possono predisporre a un aumento della risposta infiammatoria dei tessuti gengivali alla placca batterica. La rimozione dei depositi batterici e un’accurata igiene orale quotidiana permette di migliorare i sintomi della patologia. Anche le alterazioni dei livelli di insulina o alcune malattie del sangue come la leucemia possono causare un ingrossamento o un’alterazione delle gengive.

c. Modificate dai farmaci
L’uso di farmaci antiepilettici (fenitoina), immunosoppressori (ciclosporina A) e bloccanti dei canali di calcio (nifedipina) favorisce l’ingrossamento delle gengive.

d. Di origine batterica
La Gengivite Ulcero-necrotizzante Acuta si manifesta con alitosi a causa della necrosi, dell’ulcerazione e del sanguinamento delle papille e del margine gengivale. Può provocare febbre o malessere.

e. Di origine virale
Le lesioni virali causate dal virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) e la varicella contratta durante l’infanzia possono manifestarsi nella mucosa orale. La gengivostomatite erpetica è la manifestazione classica iniziale dell’HSV-1. È una patologia che si manifesta con una gengivite severa dolorosa, ulcerazioni ed edema accompagnati da stomatite. È caratterizzata dalla formazione di vescicole che si rompono ed evolvono in ulcere ricoperte di fibrina. Si associa a sintomi quali febbre e linfadenopatia.
Il virus della Varicella Zoster provoca la Varicella e i sintomi possono interessare le gengive. Le lesioni intraorali si presentano come piccole ulcere su lingua, palato e gengiva.

f. Di origine micotico
La Candidosi è causata da una sovracrescita di Candida Albicans, in genere a seguito della somministrazione di antibiotici o in conseguenza di una immunodeficienza congenita o acquisita.
La parodontite, invece, si manifesta con l’infiammazione delle gengive e la perdita dei tessuti di supporto.
La parodontite aggressiva è più diffusa tra bambini e adolescenti. È caratterizzata da una grave riduzione dell’osso alveolare e del legamento parodontale di uno o più denti. In base allo stato di severità, viene classificata come lieve, moderata o grave; in base alla sua estensione come localizzata o generalizzata. L’obiettivo del trattamento è la rimozione della placca batterica mediante un controllo igienico da parte del paziente e del dentista e la somministrazione degli antibiotici.

Carie della prima infanzia: fattori di rischio

La carie è una disbiosi che si manifesta soprattutto a causa dell’elevato consumo di zuccheri fermentabili. La disbiosi è un’alterazione dell’equilibrio e della proporzione tra le diverse specie di microrganismi della flora batterica orale.

Per carie della prima infanzia si intende la presenza di una o più lesioni cariose (cavitate o non cavitate), perdita dei denti a causa della carie o otturazione di qualsiasi dente nei bambini minori di 71 mesi.

Attualmente è considerato un problema di salute pubblica che colpisce i bambini in tutto il mondo.

Qualche anno fa era conosciuta come carie “da biberon”, legata quindi all’utilizzo frequente del biberon. Tuttavia, è stato dimostrato che la causa è legata anche al consumo di altri liquidi zuccherati (naturali o artificiali) come latte, latte artificiale, succhi di frutta e bibite.

Tra i fattori di rischio sono compresi anche:

  • Tipologia e frequenza del consumo di idrati di carbonio. Rischio maggiore in caso di alimentazione a base di cibo altamente cariogeno (ad alto contenuto di zuccheri liberi).
  • L’uso prolungato del biberon, preso frequentemente e con l’aggiunta di sostanze zuccherate, legato all’abitudine di addormentare e di far dormire il bambino con il biberon oltre a una scarsa igiene orale, soprattutto la sera.
  • L’allattamento materno in sé, prolungato e su richiesta, non causa l’ECC, ma se combinato con il consumo di altri carboidrati e una scarsa igiene orale, può essere altamente cariogeno.
  • Presenza di placca batterica. La formazione della carie nella prima infanzia è legata alla presenza dei denti nel cavo orale, incrementata in caso di eccessiva placca batterica o di una tecnica di igiene orale inadeguata, essendo la zona del margine gengivale la più propensa all’accumulo di placca batterica.
  • Abitudini di igiene orale inadeguate. Gli studi dimostrano che il rischio di carie si riduce aumentando la frequenza di spazzolamento e l’adozione di una tecnica adeguata.
  • La quantità e la qualità di saliva del bambino, considerando soprattutto che la salivazione si riduce durante la notte, può generare un ambiente altamente cariogeno se non si esegue una buona igiene orale prima di andare a dormire.
  • Modalità di eruzione-calcificazione dei denti. Al momento dell’eruzione, un dente deciduo presenta il 69% di contenuto minerale, ma entrando a contatto con la saliva riceve un apporto continuo di calcio e fosfato che gli consente di raggiungere completamente le sue caratteristiche fisiche (96% di materia organica) in un tempo piuttosto breve. Questo processo ne permette l’adattamento e favorisce l’aumento della resistenza del dente alla dissoluzione acida. Questo spiega il motivo per cui un dente deciduo appena erotto è più vulnerabile all’azione degli acidi.
  • Le alterazioni strutturali dei tessuti duri del dente come, ad esempio, l’ipoplasia dello smalto.
  • Assenza di fluoro nel cavo orale.
  • Pazienti con disabilità fisica e/o mentale che limita la possibilità di effettuare un’adeguata igiene orale.
  • Livello socio-economico che ostacola l’accesso alle informazioni e ai prodotti igienici necessari.

Il trattamento parodontale prima e dopo la radioterapia

Un gruppo di ricercatori della Facoltà di Odontoiatria della Universidade Federal di Uberlândia (Brasile) ha pubblicato su Medicina Orale, Patologia Orale e Chirurgia Orale i risultati di uno studio con lo scopo di rivedere e affrontare temi importanti riguardanti il trattamento parodontale prima e dopo la radioterapia nei tumori di testa e collo, quali, ad esempio, la scelta delle tecniche adeguate, il momento opportuno per fare un curettage o per estrarre un dente o cosa fare per ridurre il rischio di osteoradionecrosi.

Dopo una ricerca su MEDLINE (PubMed) e La Cochrane Libray, utilizzando le keyword radioterapia, terapia con radiazione e trattamento parodontale, gli autori hanno selezionato 39 studi in inglese che includevano studi originari, studi clinici randomizzati e revisioni. Sono stati selezionati anche gli studi concernenti un trattamento parodontale o l’estrazione di un dente in pazienti irradiati.

L’analisi degli studi selezionati portò alla conclusione che il trattamento parodontale prima della radioterapia è indicato soprattutto per evitare un’estrazione posteriore del dente e per ridurre il rischio di osteoradionecrosi. È importante identificare le patologie orali esistenti prima della terapia oncologica, per poter trattarle in anticipo ed evitare eventuali complicazioni della radioterapia o ridurne la gravità.

La mucosite, la disfunzione delle ghiandole salivari, l’alterazione del gusto e il dolore sono le complicazioni più frequenti del cavo orale a seguito della radioterapia, che, a loro volta, possono causare disidratazione e malnutrizione. La radioterapia di testa e collo può danneggiare in modo irreversibile le ghiandole salivari, i denti, i muscoli, la mucosa orale, la vascolarizzazione e le ossa, causando xerostomia, carie, trismo, necrosi dei tessuti molli e osteoradionecrosi

Gli autori della ricerca osservarono che, nei pazienti irradiati, il trattamento parodontale prevedeva, più frequentemente, il raschiamento e la levigatura radicolare; l’estrazione dei denti rovinati, che deve essere programmata almeno 14 giorni prima del primo ciclo di radioterapia, e la terapia antimicrobica topica e sistemica. Affermarono, inoltre, che è importante adottare maggiori precauzioni e usare un collutorio orale adeguato, sia durante che dopo la radiazione.

I progressi nei trattamenti del cancro hanno migliorato considerevolmente la percentuale di sopravvivenza dei pazienti oncologici, ma non sempre è possibile mantenere un’adeguata qualità della vita. Fornire raccomandazioni chiare su quali sono le pratiche migliori o peggiori in base al momento della terapia, sarà fondamentale per assicurare il successo del trattamento oncologico nei pazienti sottoposti a radioterapia. Una comunicazione fluida e una relazione adeguata tra i membri del gruppo multidisciplinare sarà un modo ulteriore di assicurare il risultato terapeutico migliore, con un effetto diretto sull’aspettativa e la qualità di vita del paziente.

Carie della prima infanzia (ECC): presentazione clinica e prevenzione

Manifestazione clinica della carie nella prima infanzia

La formazione della carie ha una causa comune. Nella prima tappa, i batteri acidogeni che si depositano sullo smalto de denti, disgregandone i minerali (soprattutto calcio e fosfato), fanno sì che il dente sia più bianco e opaco, conferendo un aspetto più poroso allo smalto e generando le famose “macchie bianche” o “white spot” (che si possono pigmentare conferendogli un aspetto marrone): in generale, questo è il primo segno della carie sui denti.

La ECC è caratterizzata dallo sviluppo veloce della lesione, zona in cui le macchie bianche causano una perdita di solidità della struttura, generando un’apertura nello smalto e l’esposizione della dentina. La conseguenza diretta della perdita di struttura è la frattura dei denti. Sono coinvolti diversi denti, le lesioni iniziano sulle superfici lisce dei denti all’altezza del bordo gengivale. I denti sono colpiti in base al sito, all’ordine di eruzione e alla posizione della lingua al momento della suzione. Colpisce, quindi, prima gli incisivi mandibolari poi i primi molari decidui.

Effetti e conseguenze della carie

  • Ascessi e fistole.
  • Ulcerazioni della mucosa.
  • Cellulite facciale odontogena.
  • Il dolore ai denti nei casi avanzati determina l’incapacità di alimentarsi con conseguente perdita di peso del bambino e un maggiore rischio di ritardo nella crescita e nello sviluppo.
  • Difficoltà a dormire.
  • Visite al pronto soccorso e ricoveri.
  • Assenze scolastiche e riduzione della capacità di apprendimento.
  • Rischio maggiore di nuove lesioni della carie nella dentizione primaria e permanente.
  • Problemi di autostima e disturbi emotivi.
  • Malposizionamento dentale, perdita della dimensione verticale e altre malocclusioni a causa della perdita prematura dei denti.
  • Costi elevati del trattamento.
  • Bassa qualità della vita legata alla salute orale
  • Perdita dei denti.

Come è possibile evitare la formazione della carie?

Ritardare al massimo il consumo di zuccheri nella dieta dei più piccoli (yogurt zuccherati e cerali per bambini, biscotti, succhi confezionati, bibite vegetali e altre bevande zuccherate).

Lavare i denti in modo efficace almeno due volte al giorno con un dentifricio a base di fluoro con una concentrazione di fluoro di almeno 1000 parti per milione.

Effettuare un controllo dal dentista al momento dell’eruzione dei primi denti. Per imparare a lavarsi correttamente i denti, valutare il rischio di carie, controllare i denti e applicare, se necessario, una vernice al fluoro.

Evitare gli spuntini fuori orario

È importante sapere che è possibile prevenire la carie adottando buone abitudini di igiene orale, seguendo un’alimentazione adeguata ed effettuando un controllo periodico dal dentista. Per questo si consiglia di effettuare il primo controllo dal pedodontista alla comparsa dei primi denti.

Incidenza della malattia parodontale nei pazienti affetti da artrite

L’artrite reumatoide è una malattia autoimmunitaria che interessa più di 200.000 persone in Spagna e che provoca dolore, gonfiore e rigidità simmetrica delle articolazioni periferiche (spalle, gomiti, polsi, fianchi, ginocchia e piedi), ma può svilupparsi anche in organi interni.

Nella parodontite il danno tissutale è legato all’incapacità del sistema immunitario di controllare sia la comunità microbica residente nel cavo orale sia la risposta immunitaria locale associata.

Nel corso degli anni, numerosi ricercatori si sono chiesti se esiste un collegamento tra la malattia parodontale e l’artrite reumatoide1. Mentre alcuni hanno suggerito un’associazione significativa2, altri hanno affermato che la relazione non è così evidente3.

Un gruppo di ricercatori della University of Leeds, nel Regno Unito, ha osservato come l’incidenza della malattia parodontale sia maggiore nei pazienti affetti da artrite reumatoide. Lo studio4 dimostra che la parodontite può costituire un fattore scatenante essenziale dell’autoimmunità sistematica associata all’artrite reumatoide, in cui il batterio parodontopatogeno Porphyromonas gingivalis produce proteine citrullinate che scatenano questa artropatia infiammatoria. Kulveer Mankia, direttore di questa ricerca, spiega che il fatto che gli anticorpi siano presenti innanzi alle proteine citrullinate molto prima della comparsa di qualsiasi segno di danno articolare, fa pensare che l’origine di questi anticorpi debba essere cercata al di fuori delle articolazioni.

Qualche mese prima, anche altri ricercatori della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Santiago de Compostela, avevano affermato che parodontite e artrite reumatoide hanno una patogenesi comune; che l’incidenza della malattia parodontale è maggiore nei pazienti affetti da artrite reumatoide e viceversa e che il controllo della malattia parodontale mediante trattamento non chirurgico potrebbe migliorare la sintomatologia di entrambe le malattie5.

Altri studi più accurati, che includono un numero maggiore di casi e un tempo maggiore di evoluzione, forniranno ulteriori prove al riguardo.

Disfunzione erettile e parodontite

Uno studio dell’Associazione per la Ricerca sulle Disfunzioni Sessuali in Assistenza di Base (AISD-AP) svolto in Spagna su 3600 soggetti maschili, ha dimostrato che il 42,68% degli uomini che richiedono una visita all’assistenza di base presenta un problema di disfunzione erettile con diversi livelli di gravità, un problema che in Spagna colpisce 1 su 5 uomini maggiori di 18 anni.

L’impotenza sessuale maschile o disfunzione erettile è una persistente incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione per un tempo sufficiente al rapporto sessuale. Il trattamento terapeutico, con evidenza scientifica dimostrata, prevede la cura farmacologica, le iniezioni intracavernose e la chirurgia (protesi peniena).

Le cause di questo disturbo sessuale maschile possono essere diverse. Fattori psicologici, farmacologici od organici (vascolari, neuronali od ormonali) sono stati coinvolti nella sua eziologia, nella maggior parte dei casi multifattoriale.

A luglio del 2018, alcuni ricercatori dell’Università di Granada pubblicarono i risultati di uno studio di casi e controlli che dimostrava come la parodontite cronica fosse strettamente legata alla comparsa della disfunzione erettile. Prima di questa data erano stati pubblicati diversi studi che collegavano entrambe le patologie a malattie cardiovascolari ed era noto che queste avevano gli stessi fattori di rischio (fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete mellito, ecc.), ma  non era stata ancora studiata l’eventuale esistenza di un legame diretto tra la malattia parodontale e la disfunzione erettile.

Gli autori dello studio fissarono i parametri del sangue di testosterone, proteina C reattiva, glucosio, emoglobina glicosilata, colesterolo totale, colesterolo buono, colesterolo cattivo e trigliceridi, e analizzarono lo stato parodontale su 158 uomini, 80 casi e 78 controlli, con età compresa tra i 18 e i 70 anni e con più di 11 elementi dentali nel cavo orale.

Dopo aver verificato le variabili sociodemografiche (età, consumo di alcol, tabagismo, diabete e malattia cardiovascolare), parodontaliurologiche e biochimiche in entrambi i gruppi e aver eseguite le opportune analisi, osservarono che:

  • Il diabete e le malattie cardiovascolari erano le più diffuse nel gruppo dei casi.
  • I valori di trigliceridi, emoglobina glicosilata e proteina C reattiva erano notevolmente più elevati nei pazienti con disfunzione erettile.
  • Anche la malattia parodontale, presente nel 74% della popolazione oggetto di studio, mostrò maggiore profondità di sondaggio e di perdita ossea nel gruppo dei casi e l’analisi di regressione logistica rivelò che i pazienti con malattia parodontale avevano maggiore probabilità di soffrire di disfunzione erettile.

Alla luce di questi risultati, gli autori conclusero che la parodontite cronica poteva costituire un fattore di rischio nella eziopatogenesi della disfunzione erettile, indipendentemente dalle altre morbilità.

Si ritiene che la parodontite possa determinare una situazione di infiammazione sistemica, a causa dei batteri patogeni parodontali e dell’aumento delle citochine proinfiammatorie nella malattia parodontale, che generano una disfunzione endoteliale dei vasi sanguigni, che, oltre a compromettere il sistema cardiovascolare, avrebbe un impatto negativo sui corpi cavernosi del pene.

Sebbene siano necessari studi più approfonditi sul tema, secondo quanto osservato fino ad oggi, non è fuori luogo informare gli urologi dell’importanza di consigliare al paziente, affetto da disfunzione erettile per alterazione vascolare, di rivolgersi a un dentista.