Relazione tra le malattie cardiovascolari e le patologie del cavo orale

20 giugno 2018

Diversi studi hanno dimostrato che il trattamento della malattia parodontale può migliorare alcuni marcatori di rischio cardiovascolare.

Da due decenni ormai stiamo assistendo a una vera e propria rinascita delle teorie dell’infezione focale che sostengono l’esistenza di una relazione a distanza, diretta o indiretta, tra una patologia orale e il resto dell’organismo e viceversa(1).

I rappresentanti più evidenti e studiati di questa associazione sono il rapporto bidirezionale tra il diabete mellitus e le malattie parodontali (MP), e le polmoniti ab ingestis. Sono stati oggetto di studio anche le malattie cardiovascolari (MCV) e gli effetti collaterali della gravidanza. Le malattie cardiovascolari, inoltre, hanno assunto particolare importanza per le conseguenze mortali e le spese sociosanitarie che implicano.

I meccanismi eziopatogenetici esistenti tra le MP e le MCV sono comuni ad altre patologie e alterazioni sistemiche causate dalla malattia parodontale cronica e si basano sull’interazione tra i microrganismi del biofilm sottogengivale e la risposta infiammatoria dell’ospite(2).

La malattia cardiovascolare ha assunto particolare importanza per le conseguenze mortali e le spese sociosanitarie che implicano 

Di seguito si espone la plausibilità biologica di questo legame e l’epidemiologia; si dimostra come il trattamento parodontale possa migliorare alcuni marcatori di rischio cardiovascolare e, in ultima analisi, si riporta la stretta relazione che esiste tra le malattie parodontali e le malattie cardiovascolari.

Plausibilità biologica 

Esistono due meccanismi per scoprire la suddetta plausibilità. Il primo è di tipo infettivo e consiste nel passaggio dei batteri al flusso sanguigno, noto come batteriemia. Il secondo è di tipo infiammatorio ed è causato dai mediatori dell’infiammazione locale o sistemica.

Le teorie delle infezioni si riferiscono alla capacità dei batteri di interagire e di invadere direttamente le cellule dell’organismo o di stimolare indirettamente la liberazione degli agenti paracrini che regolano le funzioni di queste cellule.

L’invasione cellulare dei batteri parodontopatogeni costituisce un fattore di virulenza chiave ai fini della sopravvivenza, della diffusione del microrganismo in determinati ambienti e dell’evasione delle difese dell’ospite. Uno dei batteri più studiati, sia in vitro che in vivo, è il Porphyromonas gingivalis.

Uno studio recente ha individuato la capacità di questo patogeno parodontale di alterare l’espressione dei geni codificanti proteine che aumentano l’infiammazione e l’aterosclerosi coronarica (i vasi che portano il sangue al cuore)(3).

Sono stati studiati anche altri batteri quali, ad esempio, i A. actinomycetemcomitans, P. intermedia, T. forsythia o F. nucleatum, e altri che, a seconda della stirpe e dei loro diversi meccanismi, possono invadere le cellule endoteliali dell’ospite.

Le teorie delle infiammazioni sostengono che sia la parodontite che le malattie cardiovascolari condividono modelli infiammatori comuni, che varieranno da un individuo all’altro secondo la propria suscettibilità genetica. Negli studi realizzati fino ad ora è stato osservato che i mediatori e i marcatori infiammatori sono più elevati nei pazienti con parodontite. Questo potrebbe verificarsi tramite due vie.

Una di queste è la via utilizzata dai mediatori che si muovono dalla lesione parodontale al resto dell’organismo, provocando il danno a distanza e la formazione di composti reattivi di fase acuta nel fegato, come la proteina C reattiva. L’altra via prevede che i batteri stessi o gli agenti infettivi entrino nel flusso sanguigno e stimolino la risposta infiammatoria a distanza depositandosi sulle placche di ateroma(4).

La risposta infiammatoria può essere influenzata, inoltre, da diversi tipi di anticorpi legati alle malattie parodontali che possono interagire con gli antigeni dell’ospite e indurre o accelerare il processo di aterosclerosi. Altri studi hanno dimostrato che in questi pazienti si riscontra un incremento dei lipidi potenzialmente infiammatori, come LDL, trigliceridi e VLDL, che si depositeranno nelle placche di ateroma accelerandone la formazione e lo sviluppo.

In ultimo, occorre evidenziare che tutti i meccanismi possono presentarsi contemporaneamente nello stesso paziente e interessare il processo infiammatorio sistemico.

Epidemiologia 

Per lo studio epidemiologico della relazione tra le malattie parodontali e le malattie cardiovascolari, i tipi più studiati di malattie cardiovascolari sono: le malattie coronariche primarie, le malattie cerebrovascolari e le malattie arteriose periferiche.

La malattia parodontale viene diagnosticata con esami radiografici e di laboratorio mediante il sondaggio parodontale e la profondità dell’inserimento. Nella maggior parte degli studi di coorte e degli studi caso-controllo realizzati fino ad ora è stato trovato un legame evidente tra l’estensione e la gravità della malattia parodontale e la comparsa di malattie cardiovascolari aterosclerotiche, indipendentemente da altri fattori di rischio come il tabacco. Da alcuni studi è emerso che i gruppi più colpiti sono gli uomini e gli adulti giovani(5).

Uno studio recente condotto dall’Università di Granada ha dimostrato per la prima volta la relazione positiva tra la gravità e l’estensione della malattia parodontale e la dimensione dell’infarto miocardico, mediante l’uso di due biomarcatori di necrosi del tessuto cardiaco come la troponina I e la mioglobina(6).

Prova del miglioramento dei biomarcatori di MCV grazie al trattamento parodontale

Le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel mondo, per questo motivo la comunità scientifica, il Governo e la popolazione in generale sono ben predisposti ad accogliere qualsiasi strategia o intervento volto a controllare la patologia.

A tal proposito, le malattie croniche infettive come la parodontite possono rivestire un ruolo fondamentale nell’eziopatogenesi delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche. È stato osservato, inoltre, che la presenza di malattie parodontali potrebbe raddoppiare il rischio di mortalità anche qualora gli altri fattori di rischio siano tenuti sotto controllo. Le linee guide della Società Europea di Cardiologia hanno dimostrato che la malattia parodontale può costituire un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari(7).

Gli studi effettuati fino ad ora hanno preso in considerazione gli effetti della terapia parodontale sia per i fattori di rischio classici di MCV, come i lipidi e la pressione arteriosa, che per i criteri di valutazione di MCV indiretti, come la funzione endoteliale, lo spessore intima-media carotideo e l’aterosclerosi subclinica, e i livelli dei marcatori di infiammazione sistemica.

I risultati più significativi sono stati il miglioramento della funzione endoteliale, la diminuzione della proteina IL-6 e della proteina C reattiva dopo il trattamento parodontale non chirurgico(8). Inoltre, da una recente metanalisi è emersa un’associazione tra l’aumento dello spessore intima-media carotideo e il deterioramento della dilatazione mediata dal flusso sanguigno e la malattia parodontale(9).

Per il resto delle variabili l’evidenza è ancora molto limitata, saranno necessari ulteriori studi di intervento su popolazioni estese, multicentrici e a lungo termine, per confermare la relazione tra la terapia parodontale e la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari a breve e lungo termine.

 

Dott. Xavier Calvo, Parodontologo e Medical Advisor di DENTAID

Bibliografia

 

  1. Mattila KJ. Dental infections as a risk factor for acute myocardial infarction. Eur Heart J 1993; 14 Suppl. K: 51-53.
  2. Van Dyke TE, van Winkelhoff AJ. Infection and inflammatory mechanisms. J Clin Periodontol 2013; 40 (Suppl. 14): S1-S7.
  3. Zhang B, Khalaf H, Sirsjö A, Bengtsson T. Gingipains from the periodontal pathogen Porphyromonas gingivalis play a significant role in regulation of angiopoietin 1 and angiopoietin 2 in human aortic smooth muscle cells. Infect Immun 2015; 83 (11): 4.256-4.265.
  4. Teles R, Wang CY. Mechanisms involved in the association between periodontal diseases and cardiovascular disease. Oral Dis 2011; 17 (5): 450- 461.
  5. Dietrich T, Sharma P, Walter C, Weston P, Beck J. The epidemiological evidence behind the association between periodontitis and incident atherosclerotic cardiovascular disease. J Clin Periodontol 2013; 40 (Suppl. 14): S70-S84.
  6. Marfil-Álvarez R, Mesa F, Arrebola-Moreno A, Ramírez-Hernández JA, Magán-Fernández A, O’Valle F, Galindo-Moreno P, Catena A. Acute myocardial infarct size is related to periodontitis extent and severity. J Dent Res 2014; 93 (10): 993-998.
  7. European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice (version 2012). European Heart Journal 2012; 33: 1.635-1.701.
  8. D’Aiuto F, Orlandi M, Gunsolley JC. Evidence that periodontal treatment improves biomarkers and CVD outcomes. J Clin Periodontol 2013; 40 (Suppl. 14): S85-S105.
  9. Orlandi M, Suvan J, Petrie A, Donos N, Masi S, Hingorani A, Deanfield J, D’Aiuto F. Association between periodontal disease and its treatment, flowmediated dilatation and carotid intima-media thickness: a systematic review and meta-analysis. Atherosclerosis 2014; 236 (1): 39-46.