L’uso di antibiotici in Odontoiatria

21 dicembre 2017

Dal momento della loro scoperta, l’uso degli antibiotici è stata l’arma migliore per combattere le infezioni e curare determinate patologie. Eppure, la sovraesposizione nel corso degli anni ha messo in discussione la loro efficacia.

Nel 1901 il batteriologo tedesco Paul Ehrlich sviluppa un farmaco derivato dall’arsenico organico a cui dà il nome di “Composto 606”, meglio conosciuto come Salvarsan, attivo contro la sifilide e la febbre ricorrente. È il primo composto sintetico usato per combattere una malattia infettiva. Tuttavia, deve trascorrere ancora qualche anno prima che il Dott. Alexander Fleming scopra accidentalmente come il fungo Penicillium notatum sia in grado di inibire la crescita dei batteri. La penicillina G è stato il primo antibiotico con efficacia terapeutica ad essere utilizzato in campo medico a partire dal 1942, che ha rivoluzionato la cura delle malattie infettive nella prima metà del XX secolo, quali la febbre scarlatta, la polmonite, la gonorrea e le infezioni da stafilococco. È una scoperta che ha segnato l’inizio dell’età aurea degli antimicrobici. Tuttavia, attualmente, il meccanismo che determina la comparsa di nuove molecole antimicrobiche (naturali o semisintetiche) sta attraversando una notevole rallentamento. L’abuso delle terapie antimicrobiche, l’uso scorretto e la facilità con cui i batteri si adattano a queste molecole creando resistenza, sono i fattori principali che hanno determinato l’inutilità di alcuni antibiotici scoperti nel secolo scorso e di recente.

Lo sbrigliamento meccanico del biofilm orale e l’eliminazione dei fattori irritanti locali sono la base delle terapie parodontali. Tuttavia queste azioni hanno dei limiti, quali: l’incapacità di accedere alle zone profonde e/o tasche irregolari, di eliminare agenti patogeni localizzati nelle nicchie ed effetti secondari non desiderati come la recessione gengivale, la perdita di smalto e/o dentina, le sinestesie, ecc.

Attualmente in odontoiatria gli antibiotici vengono somministrati nella cura della malattia parodontale e nel trattamento preventivo

Gli antibiotici vengono prescritti per determinate forme di parodontite e per alcuni pazienti. Nei trattamenti preventivi, la profilassi antibiotica è stata giustificata come tentativo di prevenire la batteriemia e l’eventuale endocardite batterica.  Attualmente un numero crescente di ricercatori sostiene che sia necessario eseguire una revisione della procedura di profilassi antibiotica, soprattutto se consideriamo che statisticamente la probabilità di provocare una endocardite infettiva con un’estrazione, anche in pazienti cardiopatici, è di 1 su 3000.  Gli autori raccomandano, inoltre, l’uso di antisettici orali efficaci per evitare la sovraesposizione del paziente agli antibiotici che, d’altra parte, hanno un’efficacia sempre più discussa.

Il presente lavoro è un compendio degli antibiotici principali usati in odontoiatria, dei loro meccanismi di azione e dei principali meccanismi di resistenza che i batteri hanno sviluppato contro di essi.

Antibiotici ß-lattamici

I ß-lattamici sono gli antibiotici usati per la cura di infezioni causate da enterobatteri. Per bocca, l’amoxicillina (aminopenicillina) è uno dei più utilizzati. Questa famiglia di molecole sono agenti batteriolitici che provocano la lisi dei batteri. Svolgono la loro azione sulla parete cellulare nel processo di crescita, inibendo l’ultima fase della biosintesi del peptidoglicano, nella quale avviene la formazione di legami crociati, in una reazione conosciuta come transpeptidazione. Le penicilline e altri antibiotici ß-lattamici si legano covalentemente agli enzimi transpeptidasi e carbossipeptidasi che catalizzano la reazione di transpeptidazione. L’inattivazione di questi enzimi impedisce la formazione dei legami crociati sulla parete cellulare batterica, che si traduce in un rilasciamento maggiore del rivestimento e in una lisi cellulare, frutto delle forze osmotiche e meccaniche che agiscono sulla parete.

Il più frequente e sconcertante meccanismo di resistenza agli antibiotici ß-lattamici, nei batteri Gram negativi, è l’idrolisi enzimatica dell’antibiotico.  Questa reazione è provocata dai ß-lattamici, che sono enzimi che agiscono in uno spazio periplasmatico. L’abbondanza e la diversità di questi enzimi, sintetizzati dal batterio stesso, ha reso necessario lo sviluppo di diversi sistemi di classificazione in funzione della loro struttura molecolare o secondo il tipo di ßlattamico che idrolizzano.

Metronidazolo

È una molecola di sintesi chimica scoperta nel 1959 per la cura di infezioni da Trichomonas vaginalis, ma possiede anche un’elevata attività batterica contro i bacilli anaerobi e microaerofili.  Combinato con altri antibiotici, viene utilizzato per eradicare l’Helicobacter pylori. Inoltre, il metronidazolo combinato con l’amoxicillina è la terapia antibiotica sistemica indicata per pazienti con parodontite aggressiva con effetti positivi nella maggior parte degli studi svolti. Il metronidazolo penetra nelle cellule batteriche per diffusione passiva sottoforma di profarmaco.  Una volta dentro viene attivato grazie all’azione della ferredossina, un enzima che fa parte della catena di trasporto degli elettroni del batterio.

L’enzima prende gli elettroni che si stanno trasportando nella catena e li cede al metronidazolo inattivo. Il farmaco si attiva per riduzione del gruppo nitro. La struttura del metabolito attivo non è ancora nota, ma in base alle caratteristiche della sua reattività si ipotizza che è un radicale libero o un’altra molecola fortemente elettrofila. Sembra che l’effetto battericida del metronidazolo attivato avviene per indurre la denaturazione del doppio filamento di DNA e per un’ampia rottura non riparabile dei monofilamenti.

Nonostante la maggior parte degli agenti patogeni parodontali siano sensibili al metronidazolo, è stata riscontrata una certa resistenza determinata dall’alterazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione intracellulare del farmaco. Inoltre, tra le specie extraorali del genere dei Bacteroides, sono stati identificati quattro geni (nimA, nimB, nimC e nimD) che conferiscono resistenza a questo antibiotico.

Lincosamidi

Questa famiglia di antimicrobici include solo due molecole: la lincomicina, isolata da una coltura di fermentazione di Streptomyces lincolnensis nel 1962 e una trasformazione chimica di questa stessa molecola eseguita nel 1966 che ha dato vita alla clindamicina. Quest’ultima è quattro volte più potente della prima, possiede una capacità di assorbimento maggiore e raggiunge concentrazioni elevate nei fagociti degli ascessi, ottenendo livelli molto alti nei tessuti infiammati. Questa molecola si attiva contro i batteri aerobi gram positivi e contro quelli anaerobi gram positivi e gram negativi. I lincosamidi sono fondamentalmente batteriostatici e la loro attività battericida dipende dalla concentrazione. Agiscono inibendo la sintesi delle proteine, che interferisce con la funzione del ribosoma batterico in seguito al legame con la subunità ribosomiale 50S. Si consiglia l’uso in casi di allergia ai ß-lattamici. La combinazione di clindamicina con un amminoglicosido è la terapia usata per infezioni miste da anaerobi e aerobi.

La scoperta di antibiotici nuovi è legata alla comparsa di ceppi batterici resistenti, che obbliga a una ricerca continua di molecole antimicrobiche nuove.

La resistenza batterica alla clindamicina è dovuta all’alterazione del bersaglio: si produce la metilazione della subunità ribosomiale in modo che la clindamicina non può interagire con la suddetta subunità.

Ogni antibiotico utilizzato nella terapia parodontale deve possedere attività in vitro nei confronti degli agenti eziologici, avere un effetto dimostrato da studi clinici longitudinali, raggiungere concentrazioni effettive nel fluido crevicolare, mantenere queste concentrazioni durante l’intero trattamento, non avere effetti collaterali locali o sistemici alla dosi utilizzata e mostrare un beneficio evidente rispetto ai trattamenti convenzionali. Nonostante venga soddisfatta la maggior parte di questi requisiti, è importante informare che non esiste sufficiente evidenza scientifica che consenta di stabilire criteri di somministrazione, dosi e durata degli antimicrobici in odontoiatria. Inoltre, la grande differenza nei profili di resistenza agli antibiotici nei batteri di diversi paesi europei, rende difficile stabilire protocolli clinici generali.

 

DENTAID: R+S+i 
Considerando l’attuale problematica mondiale riguardo la resistenza agli antibiotici nei batteri, il Dipartimento di R+S+i di DENTAID ha avviato una linea di ricerca basata sulla ricerca e caratterizzazione dei geni di resistenza nei batteri del cavo orale. DENTAID dispone del laboratorio più avanzato in Spagna nella ricerca in microbiologia orale, dove sviluppa nuove soluzioni adattate alle necessità del cavo orale della società attuale.

 

D.ssa Vanessa Blanc e Dott. Rubén León Dipartimento di Microbiologia (DENTAID)

Bibliografia