Malattia parodontale e gravidanza: una relazione pericolosa

I cambiamenti ormonali che si verificano durante la gravidanza possono essere la causa di una propensione sistemica a soffrire di malattia parodontale, sia sottoforma di gengivite che di parodontite.

RISCHI DI GENGIVITE E PARODONTITE DURANTE LA GRAVIDANZA

I dati dell’American Diabetes Association (ADA)(1) mettono in luce che la gengivite gravidica può interessare dal 60 al 75% delle gestanti, con comparsa tra il terzo e l’ottavo mese di gravidanza. La patologia può essere più severa nei casi di gengivite pre-esistente, di accumulo di biofilm o placca dentale e di tartaro. Il 50% delle donne che soffrono di gengivite prima della gravidanza possono riscontrare un peggioramento della malattia o soffrire di parodontite durante la gestazione.

Alcuni dati(2) dimostrano che in Spagna il 25% circa delle donne in età fertile potrebbe soffrire già di parodontite, che suppone la distruzione del sostegno del dente con conseguenze gravi sia a livello locale che sistemico. A livello locale, può determinare a lungo andare la perdita degli elementi dentali. A livello sistemico, la malattia parodontale può portare a un esito sfavorevole della gravidanza associato a parto prematuro, basso peso del neonato o, nei casi più gravi, gestosi.

Il parto prematuro avviene in caso di nascita prima della 37ª settimana. Nel mondo si registra ogni anno il 10% circa di parti pretermine e la percentuale è in continuo aumento. La Spagna, con l’8% circa, è il terzo paese europeo in numero di parti prematuri e il primo per quanto riguarda l’incremento della problematica, soprattutto nei parti con meno di 32 settimane di gestazione. È una delle cause principali di morbilità e mortalità perinatale sia nei paesi sviluppati che nel resto del mondo. Alcuni fattori di rischio materni(3) possono essere l’età della gestante, il basso livello socioeconomico, il fumo e l’assunzione di droghe e alcol.

Il basso peso alla nascita (bambini con un peso inferiore a 2500 grammi) può dipendere da un parto prematuro o avere cause fetali. I bambini pretermine rappresentano circa il 7,5% di tutti i nati.  La gestosi può costituire una complicazione grave della gravidanza a causa dell’ipertensione placentare. Colpisce l’1-2% delle gestanti.

Oltre ai fattori sopra descritti, le infezioni dell’organismo, come la parodontite, possono rivestire un ruolo importante nell’eziopatogenesi di un esito sfavorevole della gravidanza. Durante la gestazione, l’alterazione della permeabilità vascolare delle gengive può facilitare il trasporto dei batteri del biofilm nel flusso sanguigno fino a raggiungere il tessuto placentare.

In questo tessuto la lenta circolazione venosa e la capacità invasiva dei microrganismi favorisce la possibile penetrazione nel feto e nel liquido amniotico. Qui si scatena una risposta immunitaria che potrebbe determinare il rilascio delle citochine proinfiammatorie. Se l’organismo è in grado di contrastare l’infezione non ci sarà nessuna conseguenza; in caso contrario, potrebbe verificarsi la rottura delle membrane e il parto prematuro. Questi composti infiammatori possono regolare negativamente l’espressione dei geni indispensabili per la crescita del feto, causando un basso peso alla nascita, e generare danni strutturali alla circolazione placentare che aumentano la pressione arteriosa della madre, causa principale della gestosi.

L’unità feto-placentare può essere compromessa anche da agenti infiammatori provenienti dalle tasche parodontali o dal fegato, come la proteina C reattiva (PCR).

RICERCA SCIENTIFICA SULLA RELAZIONE TRA GRAVIDANZA E MALATTIA PARODONTALE

L’evidenza scientifica disponibile ad oggi sul tema è il risultato di studi in vitro e preclinici e studi sugli essere umani. Nella maggior parte degli studi preclinici e degli esperimenti in vitro sono stati utilizzati criceti, topi e conigli ai quali vengono iniettati nel sangue batteri periodontopatogeni o i loro fattori di virulenza (LPS), o viene inserita una capsula in metallo che rilascia nel flusso sanguigno i batteri o i loro prodotti simulando un’infezione focale a distanza.

I primi esperimenti sono stati realizzati, prima e durante la gravidanza, con criceti dorati che, mediante entrambi i modelli, iniezione e capsula, sono stati esposti a LPS di Pg (Porphyromonas gingivalis) ed Ec (Escherichia coli), o a questi stessi batteri insieme a Fn (Fusobacterium nucleatum) e Cr (Campylobacter rectus). In ogni caso, sono stati riscontrati effetti avversi quali parto prematuro, riassorbimento, restrizione della crescita intrauterina, aborto e nascita di feti morti. Nella maggior parte dei casi è stato trovato materiale genetico dei batteri o un aumento dei marcatori che indicavano un’infiammazione sistemica e placentare(4).

Entrambi i modelli potrebbero verificarsi nella gestante, poiché la parodontite è un’infezione cronica, come la camera in metallo, che genera batteriemie transitorie, come l’iniezione nel sangue degli animali. Un altro aspetto importante è che i batteri autonomamente, senza far parte del biofilm, possono penetrare nell’unità feto-placentare e stabilirvisi grazie a una risposta immunitaria minore e un ambiente ricco di nutrienti, e causare quindi la patologia e l’infiammazione.

Anche nei topi è stato osservato che i batteri quali FnPg Cr possono invadere e colonizzare la placenta, provocando una risposta infiammatoria e immunitaria con aumento delle citochine proinfiammatorie e dell’infiltrato neutrofilo. Possono alterare, inoltre, le strutture di scambio dei nutrienti tra madre e figlio, causando sia una restrizione di crescita del feto che un’eventuale gestosi nella madre.

L’infezione da Cr potrebbe alterare anche l’espressione dei geni nel feto e causare problemi di sviluppo o cognitivi nei bambini(4).

Negli studi sugli esseri umani questa relazione è stata dimostrata mediante meccanismi diversi. Uno studio si è basato sulla risposta immunitaria specifica degli anticorpi contro gli agenti patogeni parodontali. In diversi studi è stato osservato che le madri senza anticorpi contro i batteri del complesso rosso e con un numero elevato contro quelli del complesso arancione hanno un rischio maggiore di parto prematuro. In altri studi, invece, è stato osservato il contrario. Le cause possono essere le seguenti: la mancanza di anticorpi fa sì che il feto non sia protetto dall’infezione o che, al contrario, una risposta esagerata indica un profilo iperinfiammatorio che potrebbe portare ugualmente a un parto pretermine(4).

Altri tipi di studio sugli esseri umani si sono basati sul rilevamento microbiologico mediante PCR nel liquido amniotico. In diversi studi sono stati trovati agenti patogeni parodontali in donne con parto pretermine e neonati di basso peso. L’aspetto più complesso è stata la coltura dei batteri. Soltanto uno studio, infatti, è stato in grado di portarla a termine. Se i batteri sopravvivono o meno e se mantengono uno stato planctonico o formano il biofilm, continua ad essere un tema controverso, nonostante uno studio abbia trovato del biofilm nella placenta. Anche la via di disseminazione batterica, dal tratto genitourinario alla placenta o dal periodonto alla placenta, è motivo di dibattito. In due studi sono state trovate colonie identiche nella placca batterica dentale e nel liquido amniotico, che non si trovavano né nella flora vaginale né in quella intestinale(4).

Anche gli studi sugli esseri umani hanno indagato sulla relazione tra l’aumento delle citochine proinfiammatorie (tipo IL-1, IL-6, TNF-α) e i mediatori (PGE-2), sia a livello del solco che del siero e del liquido amniotico, ottenendo risultati diversi rispetto all’aumento degli esiti sfavorevoli della gravidanza. Sono stati ottenuti risultati controversi anche per l’aumento di PCR che si riscontra in genere nel fegato a causa dell’aumento dell’infiammazione sistemica(4).

Per stabilire l’associazione epidemiologica tra la malattia parodontale e un esito sfavorevole della gravidanza (bambino di basso peso, bambino prematuro, bambino prematuro e di basso peso e gestosi), sono stati utilizzati studi di casi e controlli, studi trasversali, studi prospettici e metanalisi di questi. In generale, è stata trovata un’associazione moderata tra la malattia parodontale e i diversi esiti sfavorevoli della gravidanza dovuto, in gran parte, all’eterogeneità degli studi e alla variabilità nella definizione della malattia parodontale in base al tipo di variabili utilizzate.

Facendo la metanalisi degli studi di casi e controlli che hanno utilizzato variabili dicotomiche, per i bambini di basso peso è stata trovata una odds ratio (OR) di 1 a 2. Nei casi in cui sono state usate variabili continue, e nelle metanalisi di studi prospettici, i risultati sono stati eterogenei. Per i bambini prematuri, anche le metanalisi di casi e controlli hanno trovato un’associazione. Per gli studi prospettici, invece, i risultati sono stati controversi. Anche quando sono stati combinati entrambi gli effetti avversi, si sono riscontrate differenze tra i dati dei diversi studi, e i risultati delle metanalisi dipendevano in modo significativo dal tipo di variabili utilizzate.

Per la gestosi, anche i dati degli studi di casi e controlli, prospettici e di metanalisi, hanno dimostrato un’associazione tra la malattia e una cattiva condizione dell’igiene orale. In generale, con l’uso delle variabili continue, delle profondità medie di sondaggio e di storia della malattia parodontale, come il livello di inserzione, non si riscontra un’associazione positiva. Al contrario, con l’uso di variabili categoriali e di infiammazione l’associazione è più evidente(5).

Per quanto riguarda l’effetto del trattamento parodontale, i risultati degli studi clinici randomizzati eseguiti fino ad oggi, non dimostrano un miglioramento degli esiti sfavorevoli della gravidanza in caso di trattamento parodontale nelle gestanti. La causa può dipendere da diversi motivi. Uno di questi è legato al fatto che sia la malattia parodontale che gli esiti sfavorevoli della gravidanza hanno in comune dei fattori di rischio che possono confondere i risultati. Anche la definizione di parodontite può influire sui risultati.

È importante, inoltre, creare delle sottocategorie per distinguere i diversi tipi di parto prematuro e con basso peso. Probabilmente il trattamento in gravidanza è una soluzione tardiva, l’ideale è iniziarlo prima della gravidanza per ottenere un esito positivo sul risultato clinico della gestazione(6).

In conclusione, è importante capire la necessità di svolgere maggiori studi sugli esseri umani, poiché la maggior parte dei risultati sono stati ricavati da studi sugli animali e in vitro. A tal proposito, è necessario chiarire quali e quanti batteri devono penetrare nell’unità feto-placentare e in quale momento si deve intervenire per evitarlo. Spesso i segni clinici non vengono associati alla situazione reale a livello microbiologico. Per questo alcuni studi sperimentali non hanno ottenuto i risultati attesi, poiché si è intervenuti troppo tardi.

 

Dott. Xavier Calvo, Periodontista 

Chirurgia parodontale: Arte e Scienza

Quando il trattamento parodontale non chirurgico non basta a garantire la salute orale di un paziente, è necessario intervenire con la chirurgia parodontale. Ripassiamo le diverse tecniche esistenti nel campo, le applicazioni e i fattori che contribuiscono al successo dell’intervento.

Nel campo della parodontologia la sfida più importante di qualsiasi professionista è quella di controllare la malattia parodontale e di evitare la perdita dei denti del soggetto interessato.

Dobbiamo essere in grado di identificare e gestire, per quanto possibile, i fattori di rischio sistemici e locali ed eseguire il trattamento parodontale nello studio dentistico. Il trattamento iniziale è sempre non chirurgico e prevede la rimozione della placca e del tartaro sopra e sottogengivale mediante profilassi, raschiamento e levigatura radicolare, e l’adozione delle misure di igiene orale compatibili con la salute dei tessuti gengivali. Sembra un procedimento semplice, tuttavia il successo del trattamento a lungo termine dipenderà dalla volontà del soggetto di incorporare le nuove abitudini nella sua routine quotidiana di igiene orale.

Ad ogni modo, esistono diversi fattori che possono compromettere la stabilità a lungo termine dei risultati ottenuti mediante il trattamento non chirurgico, uno dei più importanti è la presenza delle tasche parodontali. La letteratura scientifica ha ampiamente dimostrato che le tasche superiori a 5-6 millimetri costituiscono un rischio maggiore di progressione della malattia. Uno degli obiettivi per portare avanti il trattamento parodontale con un trattamento chirurgico è la rimozione e/o la riduzione delle tasche parodontali per consentire un accesso adeguato alle superfici radicolari da parte dello specialista, e fornire una morfologia dei tessuti parodontali che permetta una corretta igiene orale quotidiana da parte del paziente e dello specialista durante le sedute di igiene professionale.

TIPOLOGIE DI CHIRURGIA PARODONTALE

Per quanto riguarda la risoluzione chirurgica esistono diverse tipologie: la chirurgia resettiva, rigenerativa e mucogengivale. Gli obiettivi e le finalità cambiano in base al tipo di intervento.

Chirurgia resettiva

La chirurgia parodontale resettiva consente di accedere in modo preciso a tutta la superficie radicolare e all’osso di sostegno dei denti e di rimuovere o ridurre per quanto possibile le tasche del tessuto molle. Le tasche possono trovarsi sull’osso alveolare (le cosiddette tasche sovraossee) o possono avere una componente infraossea che, in generale, non è molto profonda (fino a 3-4 millimetri).

Questi interventi sono stati affinati con il tempo. Se nella seconda metà del secolo scorso le resezioni erano piuttosto ampie, oggi si utilizzano lembi con preservazioni papillari e con tecniche poco invasive per preservare al massimo i tessuti di sostegno parodontale. Inoltre, l’uso di sistemi di ingrandimento e degli strumenti di microchirurgia permette di trattare i tessuti più delicati.

Chirurgia rigenerativa

La chirurgia parodontale rigenerativa consente di rigenerare il tessuto osseo perduto a causa della malattia parodontale mediante l’uso di impianti e biomateriali. Come nel caso precedente, anche questo tipo di intervento mira a ridurre la profondità delle tasche, ma con la minore recessione gengivale possibile.

I materiali da innesto osseo possono essere suddivisi in: autoinnesti (osso proveniente dallo stesso paziente); osso proveniente da individui della stessa specie; alloinnesti provenienti da banche di tessuto; xenoinnesti di tipo animale e materiali sintetici. Si possono utilizzare anche biomateriali quali amelogenine porcine o fattori di crescita. Tutti questi, soli o combinati, e secondo il tipo di difetto osseo, permettono di migliorare i livelli di attacco parodontale, il pronostico e la vita a lungo termine dei denti trattati.

Come nel caso della chirurgia resettiva, negli ultimi anni le tecniche chirurgiche di intervento del difetto infraosseo sono notevolmente migliorate grazie all’uso di sistemi di ingrandimento e degli strumenti di microchirurgia che permettono di intervenire in modo non invasivo. Recentemente il gruppo del Dott. Cortellini ha presentato una tecnica che consente di sollevare completamente la papilla mediante un tunnel interdentale al di sotto della papilla stessa.

In questo tipo di intervento è necessario un controllo accurato della placca da parte del paziente che dovrà eseguire le sedute di routine di igiene orale. Il fumo in questo tipo di interventi è totalmente controindicato.

Chirurgia mucogengivale

La chirurgia mucogengivale, chiamata anche plastica parodontale, è un tipo di intervento mirato a prevenire o a correggere quei difetti gengivali, di tipo anatomico, traumatici o causati dalla malattia, della mucosa alveolare o dell’osso. Sono compresi interventi quali: aumento del volume gengivale, copertura radicolare, allungamento della corona clinica o correzione dei difetti della mucosa intorno agli impianti.

Una delle procedure più richieste è la copertura radicolare per trattare le recessioni gengivali con conseguenze estetiche e problemi di ipersensibilità dentinale, mancanza di gengiva cheratinizzata e abrasione o carie sul colletto del dente. Numerose sono le tecniche esistenti, tra le più utilizzate e con maggiore predittività, si trovano il lembo a scorrimento coronale e le tecniche bilaminari con applicazione del tessuto connettivo. In caso di un’altezza sufficiente di gengiva cheratinizzata (2 mm circa) e un certo spessore (biotipo medio-spesso), possiamo scegliere il lembo ad avanzamento coronale.

Al contrario, in caso di mancanza di gengiva cherationizzata, prediligeremo l’uso di tessuto connettivo applicato tra il letto vascolare e il lembo per ottenere la massima vascolarizzazione. In genere, il tessuto connettivo viene prelevato dal palato mediante la tecnica a trap-door o a busta, con cui si conserva la parte epitelizzata o mediante la tecnica di disepitelizzazione all’esterno del cavo orale. Il gruppo del dott. Zucchelli predilige questa tecnica perché consente di prelevare un tessuto connettivo più superficiale e, quindi, di maggiore qualità. Il gruppo osserva, inoltre, che nel corso del tempo si riscontra un maggiore volume gengivale.

CONCLUSIONE
In qualsiasi tipo di chirurgia, l’esperienza del professionista e il suo livello di esperienza con la tecnica scelta sono direttamente legati ai risultati finali del procedimento e con variabili associati alla qualità di vita del paziente durante il decorso postoperatorio. Come in altre discipline, la chirurgia parodontale è una combinazione di competenza e di abilità artistica per offrire un risultato finale soddisfacente.

Dott. Xavier Calvo, Periodontista e Medical Advisor di DENTAID