Il trattamento parodontale prima e dopo la radioterapia

Un gruppo di ricercatori della Facoltà di Odontoiatria della Universidade Federal di Uberlândia (Brasile) ha pubblicato su Medicina Orale, Patologia Orale e Chirurgia Orale i risultati di uno studio con lo scopo di rivedere e affrontare temi importanti riguardanti il trattamento parodontale prima e dopo la radioterapia nei tumori di testa e collo, quali, ad esempio, la scelta delle tecniche adeguate, il momento opportuno per fare un curettage o per estrarre un dente o cosa fare per ridurre il rischio di osteoradionecrosi.

Dopo una ricerca su MEDLINE (PubMed) e La Cochrane Libray, utilizzando le keyword radioterapia, terapia con radiazione e trattamento parodontale, gli autori hanno selezionato 39 studi in inglese che includevano studi originari, studi clinici randomizzati e revisioni. Sono stati selezionati anche gli studi concernenti un trattamento parodontale o l’estrazione di un dente in pazienti irradiati.

L’analisi degli studi selezionati portò alla conclusione che il trattamento parodontale prima della radioterapia è indicato soprattutto per evitare un’estrazione posteriore del dente e per ridurre il rischio di osteoradionecrosi. È importante identificare le patologie orali esistenti prima della terapia oncologica, per poter trattarle in anticipo ed evitare eventuali complicazioni della radioterapia o ridurne la gravità.

La mucosite, la disfunzione delle ghiandole salivari, l’alterazione del gusto e il dolore sono le complicazioni più frequenti del cavo orale a seguito della radioterapia, che, a loro volta, possono causare disidratazione e malnutrizione. La radioterapia di testa e collo può danneggiare in modo irreversibile le ghiandole salivari, i denti, i muscoli, la mucosa orale, la vascolarizzazione e le ossa, causando xerostomia, carie, trismo, necrosi dei tessuti molli e osteoradionecrosi

Gli autori della ricerca osservarono che, nei pazienti irradiati, il trattamento parodontale prevedeva, più frequentemente, il raschiamento e la levigatura radicolare; l’estrazione dei denti rovinati, che deve essere programmata almeno 14 giorni prima del primo ciclo di radioterapia, e la terapia antimicrobica topica e sistemica. Affermarono, inoltre, che è importante adottare maggiori precauzioni e usare un collutorio orale adeguato, sia durante che dopo la radiazione.

I progressi nei trattamenti del cancro hanno migliorato considerevolmente la percentuale di sopravvivenza dei pazienti oncologici, ma non sempre è possibile mantenere un’adeguata qualità della vita. Fornire raccomandazioni chiare su quali sono le pratiche migliori o peggiori in base al momento della terapia, sarà fondamentale per assicurare il successo del trattamento oncologico nei pazienti sottoposti a radioterapia. Una comunicazione fluida e una relazione adeguata tra i membri del gruppo multidisciplinare sarà un modo ulteriore di assicurare il risultato terapeutico migliore, con un effetto diretto sull’aspettativa e la qualità di vita del paziente.

L’importanza della salute parodontale nel paziente con cirrosi epatica

L’American Journal of Physiology, Gastrointestinal and Liver Physiology ha pubblicato uno studio nel quale evidenzia l’importanza di una buona salute parodontale per ridurre l’infiammazione e la tossinemia e per migliorare la funzione cognitiva nelle persone affette da cirrosi epatica1.

La cirrosi epatica, risultato finale di alcune malattie epatiche croniche, è un’alterazione diffusa della struttura del fegato che determina la diminuzione progressiva delle sue funzioni a causa della sostituzione permanente del tessuto epatico normale con tessuto cicatriziale non funzionale.

Il consumo eccessivo di bevande alcoliche (epatopatia alcolica) e l’infezione cronica causata dal virus dell’epatite C (epatite cronica) sono i responsabili dell’80% dei casi di cirrosi, seguiti dal fegato grasso non legato al consumo di alcol (steatoepatite non alcolica).

La cirrosi in fase avanzata può causare complicazioni, come, ad esempio, un rischio maggiore di infezioni, ascite (accumulo di liquido nell’addome), ipertensione portale, alterazione della coagulazione, tumore epatico o deterioramento del funzionamento del cervello (encefalopatia epatica).

Alcuni studi svolti in passato avevano rivelato come le persone affette da cirrosi epatica presentassero dei cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale e orale, che poteva aumentare il rischio di parodontite e di complicazioni associate alla cirrosi2. Nelle persone con cirrosi si riscontrava, inoltre, un livello maggiore di infiammazione dell’organismo, legato a un rischio maggiore di encefalopatia epatica3.

Nel presente studio i ricercatori hanno preso come riferimento due gruppi di volontari affetti da cirrosi epatica e parodontite da lieve a moderata. Uno dei gruppi ha affrontato un trattamento parodontale, l’altro no. I ricercatori hanno raccolto un campione di sangue, di saliva e di feci sia prima che 30 giorni dopo il trattamento parodontale. È stata analizzata, inoltre, la funzione cognitiva di ciascun volontario prima e dopo il trattamento.

Dopo aver analizzato i risultati, è stato osservato che, rispetto a quello non trattato, il gruppo trattato, in particolar modo tra i volontari affetti da encefalopatia epatica, aveva un livello più alto di batteri intestinali efficaci nel ridurre l’infiammazione e un livello più basso di batteri produttori di endotossine nella saliva. Nel gruppo non trattato, invece, è stata notata una maggiore concentrazione di endotossine nel sangue nello stesso periodo di tempo.

Anche la funzione cognitiva era migliorata nel gruppo trattato. Ciò indica che la riduzione del livello di infiammazione nel corpo può ridurre alcuni sintomi dell’encefalopatia epatica nelle persone che stanno seguendo il protocollo di cura adeguato.

Per questi motivi, gli autori della ricerca hanno concluso che il cavo orale potrebbe agire da bersaglio terapeutico per ridurre l’infiammazione e l’endotossiemia nei pazienti affetti da cirrosi epatica, migliorando in questo modo la condizione clinica dei pazienti.

Incidenza della malattia parodontale nei pazienti affetti da artrite

L’artrite reumatoide è una malattia autoimmunitaria che interessa più di 200.000 persone in Spagna e che provoca dolore, gonfiore e rigidità simmetrica delle articolazioni periferiche (spalle, gomiti, polsi, fianchi, ginocchia e piedi), ma può svilupparsi anche in organi interni.

Nella parodontite il danno tissutale è legato all’incapacità del sistema immunitario di controllare sia la comunità microbica residente nel cavo orale sia la risposta immunitaria locale associata.

Nel corso degli anni, numerosi ricercatori si sono chiesti se esiste un collegamento tra la malattia parodontale e l’artrite reumatoide1. Mentre alcuni hanno suggerito un’associazione significativa2, altri hanno affermato che la relazione non è così evidente3.

Un gruppo di ricercatori della University of Leeds, nel Regno Unito, ha osservato come l’incidenza della malattia parodontale sia maggiore nei pazienti affetti da artrite reumatoide. Lo studio4 dimostra che la parodontite può costituire un fattore scatenante essenziale dell’autoimmunità sistematica associata all’artrite reumatoide, in cui il batterio parodontopatogeno Porphyromonas gingivalis produce proteine citrullinate che scatenano questa artropatia infiammatoria. Kulveer Mankia, direttore di questa ricerca, spiega che il fatto che gli anticorpi siano presenti innanzi alle proteine citrullinate molto prima della comparsa di qualsiasi segno di danno articolare, fa pensare che l’origine di questi anticorpi debba essere cercata al di fuori delle articolazioni.

Qualche mese prima, anche altri ricercatori della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Santiago de Compostela, avevano affermato che parodontite e artrite reumatoide hanno una patogenesi comune; che l’incidenza della malattia parodontale è maggiore nei pazienti affetti da artrite reumatoide e viceversa e che il controllo della malattia parodontale mediante trattamento non chirurgico potrebbe migliorare la sintomatologia di entrambe le malattie5.

Altri studi più accurati, che includono un numero maggiore di casi e un tempo maggiore di evoluzione, forniranno ulteriori prove al riguardo.

L’importanza di frutta e verdura nella malattia parodontale

Le autorità sanitarie non hanno dubbi: consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno è sano e riduce considerevolmente il rischio di malattie cardiovascolari, di morte prematura e di cancro. Diversi studi osservazionali con evidenza di alta qualità lo confermano scientificamente.

Un frutto di media grandezza; mezza fetta di melone, anguria o ananas; due o tre albicocche, prugne, mandarini, ecc. o una tazza di ciliegie, fragole o uva sono un esempio di una porzione di frutta (140-150 g a peso netto, cruda e pulita). Un piatto di verdura cotta, un piatto di insalata mista, media melanzana o zucchina, un piatto medio di cetrioli o pomodori, una carota grande, quattro carciofi medi o cinque funghi champignon medi sono un esempio di una porzione di verdure (140-150 g a peso netto, crude e pulite).

La frutta e la verdura sono ricche di vitamine, minerali e composti polifenolici. Un consumo inadeguato di queste sostanze può predisporre a un rischio maggiore di soffrire di malattia parodontale.

Un gruppo di ricercatori polacchi ha pubblicato i risultati di una revisione sistemica sugli effetti del consumo di frutta e verdura nella malattia parodontale. Usando MEDLINE (PubMed), Scopus e Google Scholar come database, hanno trovato e analizzato 181 articoli potenzialmente rilevanti fino a selezionarne 15 per la revisione finale. Di questi, 4 descrivevano gli studi sperimentali, 3 informavano sugli studi di coorte prospettici e retrospettivi e 8 erano studi trasversali. In totale hanno partecipato alla revisione 10.604 persone da 15 a 90 anni.

I risultati erano evidenti. Il consumo di almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura può prevenire la progressione delle malattie parodontali, soprattutto la parodontite e la perdita dei denti. È stato osservato, inoltre, che il consumo di determinati frutti e verdure nella dieta e le attività di educazione nutrizionale sono essenziali nel trattamento dei pazienti con gengivite e parodontite.

Nonostante per la conferma definitiva dei risultati siano necessari studi sperimentali e osservazionali più definiti, raccomandare il consumo di 5 porzioni al giorno di frutta e verdura e includere una visita nutrizionistica nei pazienti affetti da parodontite deve diventare una norma nel trattamento terapeutico del paziente parodontale.

Effetto della menopausa sulla salute parodontale

In una recente pubblicazione del Journal of International Society of Preventive & Community Dentistry sono stati presentati i risultati di una ricerca eseguita con lo scopo di osservare l’influenza della menopausa sulla saliva e sulla salute orale. A tal proposito, sono stati analizzati il tasso di flusso salivare, il pH della saliva stimolata, lo stato dell’igiene orale, la presenza di carie dentali e la salute parodontale in 40 donne sane con un ciclo mestruale normale (gruppo di controllo) e 40 donne sane postmenopausiche (gruppo di casi).

La menopausa è un momento fisiologico della vita della donna che coincide con una riduzione della produzione ormonale (estrogeni e progesterone) e con la scomparsa del ciclo mestruale. Le vampate di calore, il dolore articolare, la secchezza delle mucose, il calo del desiderio sessuale, la sudorazione notturna, gli sbalzi d’umore, i deficit cognitivi e l’insonnia sono le manifestazioni cliniche principali di questa fase.

I cambiamenti subiti dalla donna durante la menopausa e l’età influiscono sullo stato della salute orale. L’assottigliamento della mucosa orale, la diminuzione del flusso salivare, la sindrome della bocca urente, la recessione gengivale, la perdita dell’osso alveolare, il deterioramento dei denti, le carie radicolari e i problemi delle articolazioni della mandibola sono le manifestazioni del cavo orale più comuni in questa fase.

risultati della ricerca hanno dimostrato una diminuzione del flusso salivare e del pH della saliva nel gruppo dei casi (p<0,001). Dall’altro lato, l’indice semplificato di igiene orale, l’indice dei denti cariati persi e otturati, l’indice parodontale di comunità e l’indice di perdita dell’inserzione sono stati maggiori nelle donne postmenopausiche rispetto a quelle dei gruppi controllo (p <0,001).

Per questi motivi, è fondamentale prestare maggiore attenzione alle precauzioni da prendere in questo momento della vita di una donna per assicurare un’ottima condizione del cavo orale. Stabilire una serie di misure e routine sane ridurrà in modo considerevole le conseguenze della menopausa sulla salute orale.

Disfunzione erettile e parodontite

Uno studio dell’Associazione per la Ricerca sulle Disfunzioni Sessuali in Assistenza di Base (AISD-AP) svolto in Spagna su 3600 soggetti maschili, ha dimostrato che il 42,68% degli uomini che richiedono una visita all’assistenza di base presenta un problema di disfunzione erettile con diversi livelli di gravità, un problema che in Spagna colpisce 1 su 5 uomini maggiori di 18 anni.

L’impotenza sessuale maschile o disfunzione erettile è una persistente incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione per un tempo sufficiente al rapporto sessuale. Il trattamento terapeutico, con evidenza scientifica dimostrata, prevede la cura farmacologica, le iniezioni intracavernose e la chirurgia (protesi peniena).

Le cause di questo disturbo sessuale maschile possono essere diverse. Fattori psicologici, farmacologici od organici (vascolari, neuronali od ormonali) sono stati coinvolti nella sua eziologia, nella maggior parte dei casi multifattoriale.

A luglio del 2018, alcuni ricercatori dell’Università di Granada pubblicarono i risultati di uno studio di casi e controlli che dimostrava come la parodontite cronica fosse strettamente legata alla comparsa della disfunzione erettile. Prima di questa data erano stati pubblicati diversi studi che collegavano entrambe le patologie a malattie cardiovascolari ed era noto che queste avevano gli stessi fattori di rischio (fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete mellito, ecc.), ma  non era stata ancora studiata l’eventuale esistenza di un legame diretto tra la malattia parodontale e la disfunzione erettile.

Gli autori dello studio fissarono i parametri del sangue di testosterone, proteina C reattiva, glucosio, emoglobina glicosilata, colesterolo totale, colesterolo buono, colesterolo cattivo e trigliceridi, e analizzarono lo stato parodontale su 158 uomini, 80 casi e 78 controlli, con età compresa tra i 18 e i 70 anni e con più di 11 elementi dentali nel cavo orale.

Dopo aver verificato le variabili sociodemografiche (età, consumo di alcol, tabagismo, diabete e malattia cardiovascolare), parodontaliurologiche e biochimiche in entrambi i gruppi e aver eseguite le opportune analisi, osservarono che:

  • Il diabete e le malattie cardiovascolari erano le più diffuse nel gruppo dei casi.
  • I valori di trigliceridi, emoglobina glicosilata e proteina C reattiva erano notevolmente più elevati nei pazienti con disfunzione erettile.
  • Anche la malattia parodontale, presente nel 74% della popolazione oggetto di studio, mostrò maggiore profondità di sondaggio e di perdita ossea nel gruppo dei casi e l’analisi di regressione logistica rivelò che i pazienti con malattia parodontale avevano maggiore probabilità di soffrire di disfunzione erettile.

Alla luce di questi risultati, gli autori conclusero che la parodontite cronica poteva costituire un fattore di rischio nella eziopatogenesi della disfunzione erettile, indipendentemente dalle altre morbilità.

Si ritiene che la parodontite possa determinare una situazione di infiammazione sistemica, a causa dei batteri patogeni parodontali e dell’aumento delle citochine proinfiammatorie nella malattia parodontale, che generano una disfunzione endoteliale dei vasi sanguigni, che, oltre a compromettere il sistema cardiovascolare, avrebbe un impatto negativo sui corpi cavernosi del pene.

Sebbene siano necessari studi più approfonditi sul tema, secondo quanto osservato fino ad oggi, non è fuori luogo informare gli urologi dell’importanza di consigliare al paziente, affetto da disfunzione erettile per alterazione vascolare, di rivolgersi a un dentista.

Relazione tra malattia parodontale e aborto spontaneo

Un aborto spontaneo, noto anche come aborto involontario o aborto naturale, consiste nella perdita involontaria di un embrione (prima dell’ottava settimana) o di un feto (dopo l’ottava settimana) prima della ventesima settimana di gestazione. È una complicanza della gravidanza che può rivelarsi un’esperienza traumatica per le donne, sia a livello fisico che psicologico.

Diversi studi scientifici, tratti dalla letteratura medica, hanno dimostrato il collegamento tra la malattia parodontale e un esito sfavorevole della gravidanza, che può determinare un parto prematuro, il basso peso del neonato o la gestosi.

Qualche mese fa alcuni ricercatori hanno pubblicato sul Journal of Periodontology i risultati di uno studio di casi e controlli comparati che associava la parodontite e i batteri parodontopatici all’aborto spontaneo1.

Hanno partecipato allo studio 170 donne: 85 casi (donne che avevano subito un aborto spontaneo prima della ventesima settimana di gestazione) e 85 controlli (donne della stessa età, epoca gestazionale e struttura ospedaliera). Sono stati eseguiti gli esami parodontali del cavo orale e sono stati raccolti dei campioni di placca batterica sottogengivale per determinare i livelli di Porphyromonas gingivalisTannerella forsythiaFusobacterium nucleatum in essa contenuti.

risultati hanno dimostrato che i casi sono stati significativamente più predisposti a soffrire di parodontite (50,6%) rispetto ai controlli (21,2%; p = 0,007). Tuttavia, non è stato osservato un collegamento significativo dal punto di vista statistico tra i livelli di batteri parodontopatici e l’aborto spontaneo; i livelli aumentati di P. gingivalis e F. nucleatum sono stati associati alla malattia parodontale sia nel gruppo dei casi sia in quello dei controlli, mentre l’aumento di T. forsythia e la parodontite è stato osservato soltanto nelle donne del gruppo dei casi.

Dai risultati ottenuti si è concluso che la malattia parodontale è più frequente nelle donne che hanno subito un aborto spontaneo che nelle donne controllo comparate, nonostante il livello di batteri parodontopatici non sia legato all’aborto naturale di questa popolazione.

Tenuto conto dei dati presentati, e poiché i cambiamenti ormonali che si verificano durante la gravidanza favoriscono la comparsa di gengivite nella gestante, è importante che le donne in stato di gravidanza mantengano un’igiene adeguata del cavo orale e che si rivolgano sin da subito al proprio dentista per la cura di denti, adottando tutte le misure di prevenzione indicate ed evitando eventuali complicanze successive.

Mito e realtà su gravidanza e Salute Orale

Nel corso della gestazione il corpo della donna subisce molti cambiamenti ormonali, avendo ripercussioni anche sulla salute del cavo orale. Questi cambiamenti ormonali possono determinare un incremento di alcune patologie come la gengivite, tumori della gengiva e aumento della carie. Per questo motivo è di fondamentale importanza sapere che, durante la gravidanza, è necessario avere delle corrette abitudini di igiene orale per evitare eventuali problemi. Di seguito ripassiamo qualche mito e realtà sulla salute del cavo orale durante la gravidanza.

 

Aumento della carie e della malattia parodontale che non è possibile curare.

Mito. È vero che durante la gravidanza esiste un aumento della predisposizione alla comparsa delle carie e all’aumento della malattia parodontale per diversi motivi: un’attenzione minore verso l’igiene orale e un accumulo maggiore di placca batterica, il cambiamento delle abitudini alimentari e degli orari dei pasti, l’aumento dell’acidità della saliva (ph<7 aggressivo per lo smalto) dovuto anche al cambiamento ormonale in atto durante la gravidanza e al vomito tipico durante la gestazione.

Tuttavia, se si mantiene una corretta igiene orale, è una situazione che è possibile evitare.  D’altro canto non esistono controindicazioni per poter effettuare un trattamento dentale durante la gravidanza né per l’uso dell’anestesia locale.

Le gengive sanguinano e si infiammano.

Realtà. Il cambiamento ormonale accentua la reazione infiammatoria già esistente aumentando l’arrossamento e il sanguinamento delle gengive.

Esiste una patologia abbastanza comune chiamata granuloma piogenico. Si tratta di un tessuto molle molto eritematoso che cresce normalmente nel primo trimestre della gravidanza a causa dell’aumento di estrogeno.

Devo informare immediatamente il mio professionista del cavo orale di fiducia che sono in stato di gravidanza.

Realtà. È necessario comunicarlo anche se si tratta soltanto di un’ipotesi. Si deve comunicare il mese di gravidanza, se si tratta di una gravidanza a rischio, se si prende qualche farmaco o se si soffre di una malattia.

Una donna in stato di gravidanza non può mettere l’apparecchio ortodontico.

Mito. Non esiste una controindicazione assoluta per iniziare un trattamento ortodontico durante la gravidanza. Tuttavia è importante tenere presente due cose: per effettuare lo studio che precede il trattamento ortodontico è necessario eseguire una ortopantomografia e una teleradiografia; l’apparecchio ortodontico, inoltre, aumenta l’accumulo di placca. Se a tutto ciò aggiungiamo l’infiammazione delle gengive tipica della gravidanza, la paziente in stato di gravidanza che decide di seguire un trattamento ortodontico deve essere consapevole dell’importanza dell’igiene orale per evitare qualsiasi problema causato dall’accumulo di biofilm orale.

Non si possono fare radiografie durante la gravidanza.

Mito. Nonostante si raccomandi di evitare la radiazione, è da tenere presente che le radiografie orali hanno una dose minima di radiazioni. Si faranno soltanto se strettamente necessario, evitando in questo modo quelle di controllo e verrà utilizzato un camice piombato per evitare possibili radiazioni.

Esistono trattamenti dentali che le donne in stato di gravidanza non possono eseguire.

Mito. Il trattamento dentale non è controindicato, ma è comunque raccomandabile effettuare qualsiasi trattamento nel secondo trimestre della gravidanza (i maggiori pericoli riguardano il primo trimestre, in concreto le prime otto settimane, per il rischio di malformazioni) e alla fine del terzo trimestre (parto prematuro). Se possibile, si raccomanda di posticipare dopo il parto i trattamenti particolari, come gli interventi chirurgici.

La salute orale della madre può influire sul feto.

Realtà. In effetti, esiste una relazione tra le nascite premature, i bambini sottopeso e la malattia parodontale severa.

 

Durante la gravidanza, quindi, è importante mantenere una buona igiene orale, effettuare visite periodiche dal professionista dei cavo orale e risolvere al momento qualsiasi problema del cavo orale.

Cause del sanguinamento delle gengive

Un sanguinamento delle gengive regolare è sintomo innegabile di un problema. È importante identificare la causa e trovare una soluzione, perché mantenere le gengive sane è imprescindibile per avere denti sani e una buona salute sia orale che generale.

  1. Gengivite:

Nella maggior parte dei casi il paziente soffrirà di gengivite, una malattia infettiva caratterizzata dall’infiammazione e dal sanguinamento delle gengive a causa dell’accumulo della placca batterica sui denti. In condizioni normali, le gengive presentano un colore rosa chiaro, non sanguinano e non provocano dolore. Nei casi di accumulo della placca nella zona di margine tra la gengiva e il dente e nelle zone interprossimali, il corpo tenta di eliminare i batteri come meccanismo di difesa, generando un processo infiammatorio e, di conseguenza, il sanguinamento. L’infiammazione si risolve con l’igiene o il trattamento parodontale, in base a ogni singolo caso.

  1. Lesioni a causa dello spazzolamento o dell’uso erroneo del filo dentale

Un altro motivo potrebbe essere legato a lesioni causate dallo spazzolamento o dal filo dentale. In questo caso, la lesione dovrebbe scomparire da sola dopo qualche giorno. È possibile consigliare un collutorio antisettico per prevenire eventuali infezioni e per completare la pulizia, qualora lo spazzolamento e/o la pulizia interprossimale siano causa di dolore per effetto della lesione.

  1. Cambiamenti ormonali:

Si riscontrano casi di gengivite severa sia in pazienti adolescenti sia in donne in stato di gravidanza dovuto all’incremento degli ormoni che determina un rischio maggiore di accumulo della placca batterica, di infiammazione e di sanguinamento. Si osserva un cambiamento improvviso dell’aspetto della gengiva, che assume un colore rossastro e subisce un aumento di volume. In qualche caso l’aumento di volume può portare alla formazione di un granuloma piogenico (sviluppo reattivo focale del tessuto fibrovascolare con proliferazione endoteliale). Durante la gravidanza è importante prevenire lo sviluppo di gengiviti realizzando una buona igiene orale quotidiana ed evitando in questo modo il passaggio alla parodontite, che potrebbe avere un’influenza negativa sullo sviluppo del feto. In qualsiasi caso si raccomanda di eseguire sempre un controllo esaustivo dei pazienti che si trovano in questa situazione per assicurarsi che la gengivite non sfoci in altre complicazioni o coinvolga altri aspetti della salute generale.

  1. Protesi non fissate correttamente:

Nei pazienti con protesi dentarie mobili, qualora l’apparecchio non sia stato fissato in modo adeguato, possono insorgere diversi tipi di lesione. Tra quelle che causano il sanguinamento gengivale, le più comuni sono le erosioni ulcerose, dovute a decubito, disallineamento, mobilità eccessiva, ecc.

  1. Infezione dei denti:

Nei casi di ascesso -di origine pulpare o parodontale-, il paziente può presentare un’infiammazione localizzata con sanguinamento (in qualche caso persino purulento). La causa deve essere diagnosticata mediante radiografia e verificare se l’origine è parodontale o endodontica. Dopo aver curato il dente, l’infiammazione dovrebbe scomparire completamente.

  1. Uso di alcuni medicinali:

Alcuni farmaci, come antiepilettici, immunosoppressori o bloccanti dei canali del calcio favoriscono il gonfiore delle gengive e generano tasche parodontali che il paziente non è in grado di pulire. Se le tasche si riempiono di biofilm, causano un gonfiore delle gengive dovuto all’uso dei farmaci.